Questione meridionale: Storia letteraria di un’aporia dall’Unità a oggi

Nella loro inchiesta La Sicilia nel 1876, Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, due liberali toscani, affrontano con coraggio un tema che sin da subito s’imponeva al progetto dell’Unità d’Italia come una minaccia: la “Questione meridionale” – il divario tra il Nord, integrato nei circuiti del progresso scientifico ed economico europeo, e il povero e malavitoso Sud, arretrato sul piano sia dei sistemi sociali che produttivi. Il male veniva da lontano. Come puntualizzato nell’Inchiesta, esso è il prodotto di secoli di abitudine al baronaggio, agli arbitri del sistema feudale, basato sugli interessi privati anziché collettivi. L’aspra verità era questa: il Mezzogiorno, terra bellissima, non aveva le risorse culturali per stare al passo con l’Italia. Governarlo era possibile – così il verdetto di Franchetti – solo »ad esclusione« degli stessi meridionali.

L'inchiesta diede stura a un’aspra e durevole controversia. Chi, come Franchetti, puntava sulla forza dello Stato per reprimere ogni malcostume. Chi invece, come Gaetano Salvemini, puntava a difendere il Mezzogiorno contro il nuovo Stato in quanto usurpatore, come già i romani, arabi, normanni e Borboni. A dinamizzare il dibattito interveniva, alla fine del secolo, la sempre più autorevole letteratura “realista” di matrice siciliana. Ritraendo »la vita qual è«, i vari Capuana, De Roberto e Verga, infatti, integravano il dibattito politico e sociologico con figure e storie vive, capaci di mediare ai lettori dell’Italia continentale un senso per la reale complessità dei problemi. Se da un lato le opere di Giovanni Verga fornivano dell’arretratezza del Mezzogiorno un ritratto impietoso, in linea con le tesi di Franchetti, dall’altro, essi aprivano alla prospettiva degli stessi abitanti del Sud. Acquisivano un diritto alla dignità cognitiva ai diseredati, agli esclusi dal progetto politico unitario – contadini, zolfatari, pescatori, banditi, ma anche i superstiti feudatari, scavalcati da una nuova classe di borghesi affaristi. D’ora in poi la letteratura, pur adempiendo a esigenze estetico-letterarie varianti, entrava a fare parte della discussione sul Mezzogiorno a titolo di “documento”.

In questo corso, la Questione Meridionale sarà studiata sul filo dei maggiori esempi della tradizione letteraria, soprattutto siciliana. Partendo da un quadro storico generale, illustrato sull’esempio di estratti dell’Inchiesta in Sicilia, ci volgeremo a opere variamente coinvolte nel rispettivo dibattito per coglierne alcuni dei problemi chiave – dai Malavoglia di Verga (1881), al Gattopardo di Lampedusa (1958) fino al più recente Appunti per un naufragio di Davide Enia (2014). In effetti, pur variando dal punto di vista formale, queste e altre opere, tematicamente incentrate sulla Sicilia, formano il correlativo letterario di un discorso sociale per certi versi rimasto invariato nel tempo: il Mezzogiorno vi assume senso metaforico di una terra storicamente - come si legge nel Gattopardo - »irredimibile«.